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Victim blaming: cos’è, traduzione in italiano, significato e psicologia della donna

Il victim blaming è un fenomeno “vecchio quanto il mondo” che finalmente ha trovato un nome e una definizione precisa. Scopriamo di cosa si tratta!

Un merito dei tempi moderni è quello di riuscire a dare un nome a fenomeni sempre esistiti e a porli all’attenzione dell’opinione pubblica su scala globale.

È il caso di victim blaming che si può riassumere con frasi del tipo “se l’è cercata” o “se non si fosse comportata così non sarebbe successo”.

Cos’è il victim blaming?

La prima cosa da fare per capire fino in fondo il victim blaming è partire dalla traduzione in italiano: “biasimare la vittima”.

In pratica il victim blaming assume un significato che non esisterebbe in un mondo ideale, vale a dire quello di colpevolizzare la parte lesa invece che il carnefice.

Questo fenomeno investe prevalentemente il mondo femminile in ogni suo aspetto con violenza verbale, maltrattamenti fisici e qualsiasi altra forma di abuso psicofisico.

Victim blaming: perché c’è la definizione negativa della vittima?

Nel victim blaming la vittima viene offesa due volte: la prima quando subisce la forma di violenza e la seconda quando viene additata e giudicata dalla gente.

Questa definizione negativa della vittima dipende da questioni molto complesse, ma gran parte della responsabilità può essere attribuita al retaggio culturale maschilista che ci accompagna ancora oggi.

Il fatto di avere una vita sessuale, uscire, bere e divertirsi con gli amici restano idee associate al mondo maschile, qualcosa alla quale le donne non dovrebbero accedere.

Se le donne subiscono una violenza a seguito di una di quelle azioni (coniugate da sempre al maschile) “si meritano” quanto accaduto. D’altronde, idealmente, le cose brutte accadono soltanto alle persone cattive.

Victim blaming nella psicologia della donna

Chi crede che a fare victim blaming siano soltanto gli uomini decisi a marcare il territorio cade in errore. Purtroppo molte donne si fanno promotrici di questo fenomeno.

Le altre donne colpevolizzano la vittima in modo da razionalizzare l’evento e mantenere il controllo. Sostanzialmente credono di evitare la violenza subita dalla vittima comportandosi in maniera diversa.

A questa forma di difesa si affianca anche un’altra amara verità: chi ha subito violenza o abusi ma non ha ottenuto giustizia si convince della ragionevolezza di tale comportamento.

Molte altre donne si ritrovano a colpevolizzare la vittima perché influenzate dal modo con cui vengono riportate le notizie di violenza sessuale o abusi domestici. I comportamenti della vittima vengono amplificati a fronte di un’attenuazione delle responsabilità del carnefice.

Alcuni casi famosi

Tra i personaggi famosi al centro di casi di victim blaming c’è Harvey Weinstein, il produttore statunitense accusato di essere un predatore sessuale e condannato dal tribunale e dall’opinione pubblica.

Nel caso dell’ex capo della Miramax, le vittime hanno prodotto testimonianze e prove e hanno dato vita al movimento Me Too. Tuttavia c’è stato chi si è chiesto se non fosse un modo per vendicarsi di un “no”.

Un altro caso di victim blaming è quello che tutti conoscono come il “caso Genovese”. Molte ragazze hanno dichiarato di aver subito abusi duranti le feste organizzate a casa dell’imprenditore Alberto Genovese.

Le testimonianze delle vittime, pur essendo attendibili e comprovate, non sono state sufficienti a smorzare il fenomeno della colpevolizzazione delle vittime. Molti hanno pensato: “erano lì, cos’altro si aspettavano?”.

Anche Beppe Grillo è stato tacciato di aver fatto victim blaming nel video di difesa del figlio Ciro, accusato di violenza sessuale di gruppo ai danni di una ragazza in Costa Smeralda.

 

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