Il kimono è uno degli oggetti che maggiormente rimanda alla cultura ed alla tradizione giapponesi. Nell’immaginario collettivo, infatti, rappresenta il capo d’abbigliamento per antonomasia quando si parla del Giappone e delle sue tante tipicità (non a caso, è il costume nazionale del paese). In aggiunta, la popolarità del kimono ha beneficiato delle rivisitazioni offerte dagli stilisti e dalla moda occidentale, che ne offrono una versione semplificata adatta a molte occasioni mondane e quotidiane, talvolta molto lontane dall’uso più autentico e tradizionale.
Le origini del kimono
Il kimono ha assunto la forma attuale in Epoca Edo, ossia a partire dal 17° secolo circa. Da allora, la struttura dell’abito è rimasta sostanzialmente immutata, dopo diversi secoli di trasformazione.
La nascita del kimono, infatti, venne probabilmente ispirata dalla diffusione di un capo d’abbigliamento tradizionale giapponese, l’hanfu, in uso già verso il IV° secolo d.C. presso il popolo degli Han, con il quale il Giappone aveva contatti diplomatici tramite le ambascerie. Solo successivamente, durante il periodo Heian (8°-12° secolo d.C.), l’abito tradizionale cinese conobbe una certa popolarità; un ulteriore impulso allo sviluppo del kimono arriva molto dopo, durante l’Epoca Muromachi. Fu allora che il tradizionale kosode giapponese, in origine considerato come un capo di biancheria intima, cominciò ad essere indossato senza hakama, ma fissato in vita con una cintura. Infine, dal 17° secolo in poi, le maniche divennero più lunghe e la cintura più larga, contribuendo a delineare in maniera definitiva l’aspetto che il kimono tradizionale conserva ancora oggi.
Com’è fatto un kimono
La parola giapponese “kimono” è formata da due ideogrammi, “ki” e “mono”, che significano, rispettivamente, “indossare” e “cosa”. Pertanto, “kimono” non vuol dire altro che “cosa che si indossa” o “abito”. Oggi ne esistono di vari tipi: quelli da uomo sono disponibili in varie taglie mentre quelli da donna sono prodotti in un’unica taglia, per poi essere adattati al fisico di chi li indossa.
I kimono vengono confezionati con diversi tipi di tessuto: canapa, lino, seta, crêpe giapponese e damascato. Spesso sono finemente e riccamente decorati, con motivi geometrici o naturali, prima del confezionamento dell’abito.
Il processo di produzione di un kimono è molto particolare ed affascinante. L’intero abito viene ricavato da una singola striscia di tessuto, il tanmono. Da questo si ottengono le varie parti dell’abito, tra cui:
- uraeri (all’interno) e tomoeri sono i due lembi della fascia attorno al collo (eri);
- fuki è l’orlo principale;
- sode è la manica e sodeguchi (lett. “la bocca della manica”) è il polso della manica;
- ushiromigoro è la parte principale del posteriore;
- maemigoro è la parte principale del pannello anteriore (l’interno si chiama okumi).
Il kimono, soprattutto quello femminile, viene fissato mediante una fascia (obi) che può essere tenuta in posizione da una striscia di seta (obi age) o da una corda (obi jime). L’obi può essere chiusa da diversi tipi di nodi, detti musubi. Per adattare i kimono femminili – molto più complessi di quelli maschili – alla corporatura di chi lo indossa, spesso viene realizzata una piega, appena sotto l’obi, che prende il nome di ohashori.
Quanto costa un kimono
Il costo di un kimono varia in base a diversi fattori, a cominciare dal tessuto: quelli pregiati comportano un prezzo maggiore; lo stesso dicasi per il confezionamento. In realtà, esistono anche modelli molto accessibili di kimono, come quelli presenti nel catalogo di takumiya.it, un e-commerce specializzato in articoli tradizionali giapponesi. Quelli tradizionali, invece, sono considerati generalmente come abiti pregiati, da indossare perlopiù in occasioni speciali quali matrimoni e feste religiose, a seconda delle caratteristiche ed al motivo decorativo. Vi sono comunque differenze di prezzo tra i modelli adatti alle occasioni formali e quelli indossabili in contesti familiari o informali.